TROPICANA
con Francesco Alberici, Claudia Marsicano, Daniele Turconi e Salvatore Aronica
TROPICANA
Tropicana è un brano del Gruppo Italiano: dopo aver dominato le classifiche dell’estate 1983, diventa un brano simbolo dell’estate tout-court, inno alla spensieratezza e ballo di gruppo per eccellenza.
Ma di cosa parla davvero questa canzone?
Se anche l’opera d’arte deve attenersi e rispondere alle logiche del mercato, come ogni altro “prodotto”, quali diventano gli obiettivi dell’artista e entro quali margini di libertà a questo è dato di operare?
Utilizzando in maniera paradigmatica il brano e l’esperienza del Gruppo Italiano, lo spettacolo apre una riflessione sul rapporto tra arte e mercato.
Sul palco l’identità della compagnia si sovrappone a quella del Gruppo Italiano, in un cortocircuito tra identità reali e immaginarie, in cui ogni interprete sembra fare outing delle proprie debolezze, vigliaccherie e speranze.
L’inquietudine nascosta di questo brano è quasi inafferrabile, avvolta com’è in una confezione leggera e ridente, ed effettivamente sfugge.
Il concetto di un’angoscia, di un problema, di cui si percepisce la presenza, ma che non si riesce a identificare con chiarezza, tocca un nostro nervo scoperto.
Tropicana è una lenta immersione negli abissi, alla ricerca del nero che è sempre nascosto dentro un involucro colorato, e del punto di contatto tra quel nero e questo attuale che ci sommerge.
con Francesco Alberici, Salvatore Aronica, Claudia Marsicano, Daniele Turconi
drammaturgia collettiva a cura di Francesco Alberici
scenografia Alessandro Ratti in collaborazione con Sara Navalesi
disegno luci Daniele Passeri
coproduzione Gli Scarti – Teatro i
con il supporto di Pim Off / Teatro Excelsior di Reggello (FI) / Residenza IDra e Settimo Cielo nell’ambito del progetto CURA 2016
Vincitore Bando Citofonare PimOFF 2016 (MI)
Vincitore Bando CURA 2016 (BS)
Selezione Direction Under 30 2018 (RE)
“I ragazzi di FRIGOPRODUZIONI, dietro l’apparente leggerezza, hanno messo sù un lavoro in cui si raccontano con sincerità e bravura senza guardarsi solo l'ombelico come tanta drammaturgia e post drammaturgia che si vede in giro. Il fallimento comunicativo di Tropicana è quello di tanti giovani artisti, sospinti tra le ineluttabili dinamiche del successo e l'estro della propria poetica.”
Anna bandettini - Repubblica.it
“Tropicana, è uno spettacolo asciutto ed efficace, che si presta a letture stratificate. Ci si può abbandonare al fuoco di fila di nonsense e alle note orecchiabili del calypso, e poi lasciarsi sorprendere dai cortocircuiti che si creano tra il testo della canzone (dove un jingle pubblicitario fa da contrappunto a un’esplosione atomica), le vicende di quella band anni ‘80 dal nome mal scelto, e i rovelli identitari della giovane compagnia sul palco.”
Maddalena Giovannelli - Stratagemmi
“Le piccole controversie fra i quattro, le rivendicazioni di effimero potere, i balletti e i finti spot pubblicitari del succo da cui prende il titolo la canzone, così, non appaiono altro che i tentativi di riempire quello che si avverte come un vuoto, non tanto di vocazione ovvero di ispirazione, quanto di ascolto. E allora la domanda vera non è tanto, ma bisogna avere qualcosa da dire? Quanto, ma là fuori, c’è qualcuno cui interessi davvero quello che ho da dire?”
Laura bevione - PAC
“In scena l’aria è rarefatta, l’atmosfera è fredda, chirurgica nei rapporti e nelle espressioni. Idem per la recitazione, calibrata al millimetro, a fil di lama. Naturale ma gelida allo stesso tempo. Altro che ironia. Lo sbotto di Marsicano, prima di lasciare il microfono e uscire di scena, è una doccia gelata – e, più che autoironia, si respira una sottile forma di violenza. Tropicana, in quanto spettacolo, è un’elaborazione: della paura, della paralisi, dell’ansia e dell’aspettativa. «Sai, capita che hai una bella idea e poi, per trent’anni, più nulla»: la domanda implicita in questa frase si insinua sotto la pelle – inquietante, deprimente, paralizzante.”
Mailè Orsi - Persinsala.it
“Lo spettacolo compie un'autobiografia del presente utilizzando una biografia del passato. Non c'è tuttavia immedesimazione effettiva, ogni mimetismo è bandito, nessuno degli attori finge davvero e fino in fondo di essere uno dei componenti del Gruppo Italiano: ne riprende invece, in termini di sovrapposizione e per analogia, il ruolo umano e artistico perché emerga una crudele e amara dinamica della dissoluzione, il modo nel quale un collettivo di amici sogna, sfiora, afferra il successo nello stesso momento in cui viene a sua volta afferrato, dominato e sta per essere stritolato dal successo: non ne rimarranno infine che i cocci.”
Alessandro Toppi - Il Pickwick.it
Noi non siamo dei geni